Enoverse story

Esperienza, turismo esperienziale, metaverso

Orion Winery

Sono passati ormai oltre diciotto mesi da quando mi occupo di metaverso, diciotto mesi entusiasmanti e contemporaneamente deludenti, diciotto mesi in cui ho visitato una trentina di metaverso in cerca di qualcosa che mi facesse battere forte il cuore. Alcuni mi hanno colpito più di altri certo, ma questo maggiormente perché, come ex-developer, sono ancora in grado di apprezzare un’animazione ben fatta o una soluzione software ardita, ma per il resto poco o nulla.

Ecco allora che, metaverso dopo metaverso, frustrato per non aver trovato ciò che cercavo, è nata in me una domanda divenuta nel tempo una specie di ossessione: come posso creare una visita nel metaverso capace di generare una vera emozione, un’esperienza in grado di connettermi a livello umano, emotivo e anche spirituale con il luogo dove mi trovo e quindi di trasformarsi in un bel ricordo; un ricordo in grado di perdurare nella mia mente?

Creare un’esperienza. Come posso?

Come faccio spesso quando sono in cerca di chiarezza inizio dalle definizioni e quindi eccomi a sfogliare la mia Treccani: esperanto, esperibile, esperidio e, finalmente, esperienza: “Conoscenza diretta, personalmente acquisita con l’osservazione, l’uso o la pratica, di una determinata sfera della realtà”. Detto che questa definizione è inconfutabile (non a caso uso la Treccani) , non era ciò che cercavo . Eccomi allora scendere maggiormente in profondità, aprendomi alle porte del linguaggio filosofico, ed ecco che proprio da lì dove cercavo arrivarmi una definizione molto più appagante: “l’esperienza è un tipo di conoscenza fornita dalle sensazioni o acquisita tramite i sensi e le emozioni”.

Niente male, la Treccani non delude mai

Da quell’illuminante giorno mi sono letto un paio di libri sull’argomento ed ho scoperto che, al di là delle definizioni, anche se dotte, le esperienze sono molto di più: esse ci consentono di misurarci in situazioni variabili e in qualche modo ci obbligano a sviluppare comportamenti adattivi, migliorano la capacità di gestire la propria emotività nei momenti di maggiore stress ed inoltre, i ricordi legati alle esperienze (ed alle emozioni che queste generano) perdurano perché il nostro cervello li considera significativi, mentre tutte gli altri, tendenzialmente, sono destinati all’oblio.

Un esempio? pensiamo ad un ottimo calice di vino degustato passeggiando in una vigna toscana, in compagnia della persona amata. Pensiamo a quante volte quel ricordo ci porterà ad acquistare nuovamente quel vino per rivivere quel momento insieme, o a berlo soli, in lacrime, perché quell’amore è finito.

Compresa la nozione di esperienza, è stato davvero breve il passo per arrivare al concetto di “Turismo esperienziale” che possiamo quindi definire come: “un turismo che mette al centro le sensazioni e quindi ciò che acquisiamo con i sensi e le emozioni”.

Ma cosa c’entra tutto questo con il metaverso?

In realtà moltissimo, perché il giorno in cui compresi che esperienze ed emozioni potevano essere trasferiti nel metaverso nacque il progetto “Enoverse”.

Il progetto “Enoverse” vuole andare oltre qualche animazione qua e là, macchine che si rincorrono e poca altro (che mi hanno già tediato a sufficienza); Enoverse nasce per creare emozioni: la prima luce che si rivela dietro le montagne, un tramonto su un lago, un’alba nebbiosa, gli uccelli che cinguettano in cielo.

Lo abbiamo fatto, ma nonostante la bellezza del risultato ottenuto, ci siamo resi conto che non bastava. Per raggiungere infatti quel livello di esperienza a cui stavamo puntando abbiamo pensato di aggiungere l’imprevedibilità della vita stessa: una pioggerella improvvisa, un temporale tonante, una nevicata. E poi il ciclo giorno notte, con il sole, le nuvole, le stelle e la luna piena che, come nella realtà, percorrono la volta celeste per poi scomparire oltre l’orizzonte e ricominciare dall’inizio.

Basta entrare in uno dei nostri spazi, come la “Orion Winery” e, mentre il “sestetto dell’Atlante delle Nuvole” ci fa da sottofondo musicale, ci basta guardare oltre la parete di vetro per comprendere che non ci troviamo in un metaverso come tanti: le nuvole volteggiano in cielo, i passeri cinguettano felici ed il sole crea ombre che sembrano vive. Per avere la conferma delle nostre prime sensazioni basta poi entrare sulla terrazza, ed essere sorpresi da uno scroscio di pioggia; gli uccelli scappano a ripararsi, le nuvole occludono la vista del cielo tanto quanto della skybox. Tutto diventa blu e poi grigio e poi, come se ne è andato, torna il sereno a illuminarci dentro.

Vissuto tutto questo era giunto il momento di pormi la domanda più importante di tutte, cioè: può tutto questo essere un’esperienza? Ovviamente nulla di ciò che viviamo davanti ad uno schermo o coperti da degli occhialoni VR sarà mai paragonabile alla realtà romantica ed irraggiungibile di una vera passeggiata fra gli ulivi o fra le vigne, ma, secondo noi, quanto basta per generare quel ricordo perdurante, quel ricordo che ci porta a rivivere infinite volte quello stesso stato d’animo vissuto durante la visita virtuale. Quel ricordo che può guidarci anche all’acquisto del prodotto al centro dell’esperienza vissuta.

Tutto questo è “Enoverse”

Chiudo questa mia “esperienza” (che spero non vi abbia tediato fino allo sfinimento) citando niente popò di meno che Zerocalcare: “I cuori non sono tutti uguali. Si modellano, si sagomano, sulle esperienze. Come un tronco che cresce storto adattandosi a quello che ha intorno.”

Alla prossima

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